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"Non viaggio per scappare, ma per scoprire"

Argentina (I Parte – Patagonia)

LA PATAGONIA ARGENTINA

Superato il confine tra Cile ed Argentina, la prima meta fu San Carlos de Bariloche (o più semplicemente Bariloche), una città turistica sulle sponde del Lago Nahuel Huapi.

Dopo che il bus proveniente dal Cile mi abbandonò in città, alle 21, presi un taxi e mi diressi al mio ostello. Ci rimasi due giorni, perlustrando in lungo e in largo la bella cittadina lacustre, che mi apparve molto moderna e occidentale, soprattutto dopo aver visto Perù e Bolivia.

Durante quei due giorni mi accordai con la ragazza inglese “C.” – conosciuta nel Salar de Uyuni in Bolivia – che, annoiata a Buenos Aires, decise di raggiungermi ad El Chaltén, mia prossima tappa.

El Chaltén distava esattamente 24 ore di bus da Bariloche, strada che percorsi su due differenti veicoli, e che mi costò come un organo.

Scoprii in quel modo che, nonostante la crisi finanziaria dell’Argentina – che aveva fatto dimezzare il valore del Peso negli ultimi dodici mesi –, i lunghi viaggi in bus sarebbero stati comunque un dissanguamento economico, nelle settimane seguenti.

Raggiunta El Chaltén alle 7 di mattina, riuscii a fare check-in in un ostello vicino al terminal dei bus, e, dopo essermi ricongiunto con C., alle 9 eravamo già in cammino per una vicina laguna.

El Chaltèn, infatti, è considerata la capitale del trekking argentino, come Puerto Natales (distante poche centinaia di chilometri) lo è per il Cile.

Il primo giorno raggiungemmo quindi la Laguna Torre, dopo un trekking di circa 10 km (3,5 ore solo andata). I paesaggi erano assurdi, come delle cartoline vive, ed i picchi del Cerro Torre e dei monti vicini svettavano sullo sfondo con le loro famose punte da cattedrale gotica. Arrivati alla Laguna (punteggiata da icebergs), purtroppo, arrivarono anche le nuvole, che nascosero le cime.

Trekking a El Chaltén

Sulla via del ritorno bevvi per la prima volta nella mia vita l’acqua direttamente da un torrente, dopo essermi riempito la bottiglia. Sapevamo già dell’incontaminatezza patagonica, dove addirittura i rangers consigliano di riempire borracce e bottiglie direttamente dalle cascate, tenendo solo a mente di salire a monte di una decina di metri dai sentieri, prima di farlo. Fu banalmente splendido.

Dopo la serata nella bella cittadina di montagna (zeppa di turisti e montanari da ogni parte del mondo), il giorno seguente partimmo per il secondo trekking. Questa volta avremmo raggiunto il pezzo forte dei trekking argentini, ovvero la Laguna de Los Tres, ai piedi del Monte Fitz Roy.

Questo trekking – lungo circa 12 km, per una durata di 3,5-4 ore per la sola andata – fu decisamente più impegnativo. C. aveva il retro di entrambi i talloni scavato da vesciche, incerottate e coperte al meglio che potemmo, ed io percepivo nelle mie articolazioni degli arti inferiori un’età più vicina ai settanta che ai trenta.

Nonostante ciò riuscimmo a concludere anche questo trekking. L’ultima ora, sconsigliata da un cartello per chi aveva problemi fisici, fu estenuante. Con il sentiero formato semplicemente da sassi scivolosi e pietre enormi, da percorrere in salita per un’ora.

Una volta superata l’ultima cresta sassosa, però, dimenticammo la fatica all’istante. Il vento fortissimo mi gelava il sudore sulla schiena, intrappolato dal kway, ma eventualmente ci sedemmo dietro una roccia per il pranzo, ammirando felici quello che – ad oggi – è senza dubbio il panorama montagnoso più bello che io abbia visto.

Rientrati in città, e distrutti dai trekking, decidemmo di regalarci cibo – e alcol – in uno dei numerosi ristoranti di El Chaltén, e dopo la fatica di quei due giorni ce la godemmo fino in fondo.

Il giorno successivo un viaggio in bus di circa 3 ore ci portò a El Calafate, cittadina nota soprattutto per essere l’accesso al Parco Nazionale Los Glaciares, e al famoso ghiacciaio Perito Moreno.

Il secondo giorno andammo direttamente in tour al ghiacciaio, con un pulmino e una guida che raccattò gente dai vari ostelli di El Calafate.

La guida, molto preparata e bilingue, ci spiegò che, grazie alla particolare forma del continente, le correnti d’aria provenienti dall’Oceano Pacifico sbattono costantemente sulle Ande che, per via di altitudine e latitudine, vanno a formare numerosi ghiacciai. In Patagonia si possono contare trecento ghiacciai sul lato argentino e trecento su quello cileno.

Il Perito Moreno è uno di questi e, incredibilmente, non è neanche il più grande. I motivi che lo rendono così famoso sono altri due: 1, è il più accessibile, visto che una strada asfaltata ti permette di raggiungerlo in circa due ore di auto da El Calafate; 2, grazie alla quotidiana caduta di neve in cima ad esso – sempre per via della particolare zona geografica – è uno dei pochi ghiacciai al mondo ancora stabili, che non retrocede.

Infatti la quantità di neve e ghiaccio che accumula a monte, corrisponde circa alla stessa quantità che viene sciolta e persa a valle (circa due metri al giorno).

In lontananza l’impressionante Perito Moreno

Arrivati al ghiacciaio rimasi a bocca aperta. Mai avevo visto prima tanto ghiaccio tutto insieme. La parete bianca e azzurra svettava dal lago e saliva fino a punte di 70 m.

I numeri del Perito Moreno sono impressionanti: il ghiacciaio copre un’area di 250 kmq, e ha una lunghezza di 30 km; il fronte del ghiacciaio è largo circa 5 km, e la profondità massima arriva ai 700 m.

I traghetti a due piani carichi di turisti, che si avvicinavano fino ad un massimo di 300 m dal ghiacciaio, sembravano delle minuscole zanzare, rimaste intrappolate in una cella freezer.

In circa un’ora e mezza perlustrammo tutto il sito dalle comode e lunghe passerelle di legno, posizionate dal Parco Nazionale in mezzo alla foresta, che si trova pochi metri davanti al fronte del ghiacciaio (è possibile anche fare la crociera sul lago e/o camminare sul ghiacciaio con gli appositi scarponcini e una guida alpina. Pagando di più, ovviamente).

Dopo il terzo giorno ad El Calafate, passato in città con C., dovetti a malincuore salutarla per proseguire il mio viaggio verso sud.

La mappa del mio viaggio in Patagonia, con i continui cambi di confine

Tornai in Cile per continuare i trekking patagonici, raggiungendo Puerto Natales e il famoso Parque Nacionàl Torres del Paine, di cui ho già parlato nell’articolo dedicato alla Patagonia Cilena (cliccami).

Dopo gli ultimi tre giorni in Cile tornai, ancora, nella Patagonia argentina. Con un viaggio su tre differenti bus, durato circa 25 ore, raggiunsi finalmente la meta principale di tutto il mio viaggio sudamericano: Ushuaia. Tutto su strada, senza mai volare.

Ushuaia è famosa per essere “La città più a sud del mondo”, oppure, se si vuole essere romantici come loro è “La fin del mundo”.

Situata all’estremo sud della Terra del Fuoco (una regione facente parte della Patagonia), è anche uno dei punti prediletti per le crociere verso il vicino Antartide, che dista solo 1.000 km.

Rimasi in città (una bella città portuale) solo due giorni, non facendo in tempo ad abituarmi ai suoi tramonti estivi, che avvenivano tra le 22:30 e le 23, né a svolgere altri trekking nel Parco Nazionale Terra del Fuoco. Sarà per la prossima volta.

La fin del Mundo

Lasciai Ushuaia alle 5 di mattina (l’alba era già arrivata da qualche minuto), due giorni dopo esserci arrivato: con una serie di tre bus avrei raggiunto Buenos Aires, per un totale di 56,5 ore su strada.

Quando chiesi la disponibilità di un biglietto del genere all’agenzia in centro, la grassa commessa mi guardò da sopra i suoi occhiali, come se volesse capire se fossi o meno un demente.

Prelevai e le diedi i circa 4.700 Pesos, e lei mi stampò i biglietti sorridente.

Dopo due giorni e mezzo su tre bus – passando e ripassando per poche ore in Cile, visti i confini ballerini della Patagonia –, durante i quali non successe nulla di particolare (viaggiavo su dei comodi sleeping bus, e dopo così tante ore mi affezionai, quasi, al mio comodo sedile singolo), giunsi finalmente nella enorme capitale argentina: Buenos Aires (della quale parlerò nel prossimo e ultimo articolo “argentino”).

Clicca qui per vedere la galleria fotografica dell’Argentina!

 

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