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"Non viaggio per scappare, ma per scoprire"

Perù

Viaggio nell’Impero degli Inca

Sono atterrato a Lima alla stessa ora e nella stessa data della mia partenza da Auckland, alle 18 del 19 ottobre, grazie alle “magie” dei fusi orari.

La capitale peruviana mi si è subito presentata con la sua caratteristica principale: il traffico incredibile e la popolazione troppo numerosa. Due cose che mi hanno subito ricordato per quale motivo odio qualunque metropoli del mondo (e raramente parlo bene di una città), specialmente quelle più disordinate e chiassose.

Il tragitto in bus dall’Aeroporto al quartiere di Miraflores (20 km) è durato un’ora e mezza, durante la quale sono stato disturbato incessantemente da clacson e inchiodate improvvise. Nei giorni seguenti avrei appurato che in Perù non vige alcuna regola stradale, al di fuori del semaforo verde o rosso.

Agli stop nessuno si ferma o rallenta, semplicemente ogni individuo, con qualunque mezzo, inchioda nel momento in cui è in procinto di colpire un altro veicolo, lasciandolo passare e infilandosi poi in mezzo al traffico, come un infinito tetris di auto. Nessuno ha o dà la precedenza, a meno che non stia per fare un incidente. La polizia a bordo strada agita le braccia senza motivo, intimando di “muoversi”, e accompagnando ogni sventolata di mano con una fischiata di fischietto. Tutto ciò fa sì che per percorrere pochissimi chilometri si possa impiegare normalmente un’ora (il bus dell’aeroporto fortunatamente passa all’esterno del centro cittadino, quindi è più “veloce”). Il traffico sarebbe visibilmente più scorrevole se venissero rispettate le segnaletiche stradali – che comunque ci sono – anche a costo di essere “obbligati” da un cartello a rallentare o fermarsi, ogni tanto.

Esempio di traffico peruviano

Il quartiere di Miraflores, dove avevo prenotato un ostello, è probabilmente il più carino e ordinato della città. Nei servizi e nell’aspetto ha poco da invidiare alle grandi città del mondo occidentale, e la zona del lungomare è ordinata e ben tenuta. A parte questa zona e il Parco J.F. Kennedy c’è poco da vedere, ma è indubbiamente la zona più tranquilla e meno pericolosa in cui vivere.

Il Centro di Lima è tutta un’altra cosa. Mi ci sono recato la mattina seguente al mio arrivo, prendendo un bus che ho pagato 1,5 sol (0,6 €). Il tragitto di circa 9 km è stato percorso in un’ora e un quarto, facendomi scendere già pentito di aver lasciato l’ostello.

Il centro della capitale peruviana è messo molto peggio di Miraflores, con palazzi decrepiti, strade disordinate, odore di piscia e merda nei vicoli più stretti, e decine di cani randagi che vagano qua e là. Una volta arrivato in Plaza de Armas, però, la storia cambia, e ci si trova davanti ad un’enorme piazza pulita e ordinata, con un bel parco, e circondata da palazzi molto belli. Su un lato si trova l’imponente Cattedrale di Lima, nella quale non mi hanno fatto entrare per via di un matrimonio in corso. Gli sposi sono poi saliti a bordo di un’americanissima limousine, accompagnati da una banda musicale. Chiuse le porte della Cattedrale ho quindi deciso di recarmi al vicino Museo dell’Inquisizione, dove le guardie al cancello – chiuso – mi hanno detto che stavano fumigando l’edificio, e sarebbe rimasto chiuso per i seguenti tre giorni.

Decisi quindi di andare a pranzo, e trovai un locale tipico peruviano, dove un menù con insalata di tonno, riso, pescado fritto (pesce), patate e chicha (una dolce bibita locale a base di mais), mi è costato 8,5 sol (2,5 € – 3,8 NZ$).

Arrivando dalla Nuova Zelanda, che è il paese col rapporto qualità/prezzo delle cose – qualunque cosa, soprattutto il cibo, anche al supermercato – peggiore sul pianeta, mi sentii abbastanza ricco da potermi permettermi veri pranzi e cene. Almeno per qualche giorno.

Gironzolai ancora un po’ e decisi di tornare alla più tranquilla Miraflores, prendendo un altro bus da un’ora e un quarto. Decisi anche che la visita a una Cattedrale o al Museo dell’Inquisizione non valevano assolutamente tutte quelle ore di bus, scomodo e pieno di gente, e quindi non tornai mai più nel Centro di Lima. Gli altri tre giorni li spesi camminando per Miraflores, i suoi parchi ed il lungomare.

Se passate dalla capitale peruviana non dedicatele più di 2 giorni in totale, non ne vale la pena.

Lasciata la città presi un comodo bus semi-cama (il cui sedile è un semi-letto) che mi portò in 9 ore a Huaraz, città che sorge a nord di Lima, in mezzo alla Cordillera Blanca delle Ande.

Durante la pausa pranzo in un ristorantino sulla strada, dopo qualche scambio di parole con altri viaggiatori, scoprii che uno di essi era di Milano.

G. stava andando a nord, verso l’Ecuador, e rimanemmo insieme per quei tre giorni a Huaraz e i due bellissimi trekking della zona. Arrivato a Huaraz, che è a un’altitudine di 3.050 m, capii per quale motivo tutti consigliavano di acclimatarsi in città, prima di intraprendere i trekking sulle Ande. La camminata dalla stazione dei bus all’ostello (1 km), con i miei due zaini, mi mozzò completamente il fiato e feci una fatica notevole. Arrivato all’ostello che avevo prenotato, nessuno mi aprì.

Bussai e suonai il campanello più volte, ma nessuno appariva. Ad un tratto un ospite della struttura mi aprì la porta e mi fece accomodare su un divano, dicendomi che il proprietario sarebbe arrivato entro un’ora.

Mi recai al bagno per cagare, ma non c’era la carta. Chiesi a lui, e mi chiese di provare nell’altro bagno al piano superiore. Andai su, e nemmeno lì c’era la carta. Saggiamente avevo rubato mezzo rotolo all’ostello di Lima, e quindi feci quello che dovevo e tornai ad aspettare il proprietario.

Dopo un’ora dal mio arrivo, il tizio arrivò insieme al suo socio. “Scusa ero a giocare a calcetto”, disse. “Ma figurati”, dissi io. Mi disse che avrebbe controllato la camera e poi sparì. Tornò dopo pochi minuti e mi fece salire alla mia camera (da quattro), dove vidi un paio di persone che uscivano con i loro zaini e lui sistemare definitivamente una coperta, indicandomi poi che quello sarebbe stato il mio letto. In pratica aveva appena scacciato quei due check-out e risistemato le coperte per me. Appoggiai i miei zaini per terra e mi accorsi della cosa peggiore, la stanza non aveva una porta ma una tenda che pendeva dal soffitto. A Huaraz, inoltre, non fa proprio caldo la notte.

Ci pensai qualche minuto, poi ripresi i miei zaini e scappai dall’ostello senza dire niente a nessuno. Mentre camminavo raccontai la situazione a G., inviandogli una foto della porta-tenda, e lui mi disse che a 5 sol in più (1 €) per notte, lui stava in un ostello in centro, e aveva pure il cesso in camera. Dopo un quarto d’ora di faticosa camminata, feci check-in lì.

Il giorno seguente mi recai con un tour (senza un mezzo personale è impensabile visitare le bellezze del Sudamerica senza affidarsi ai tour, che ti pigliano all’ostello e ti abbandonano all’inizio dei trekking, o prendere taxi/minivan che ti portano nei posti in cui non necessiti di una guida), al bellissimo ghiacciaio Pastoruri. Il ghiacciaio si trova a 5.000 m d’altitudine, e la camminata di 2 km dal parcheggio al ghiacciaio fu di una fatica impressionante. Quasi tutti i presenti sul bus erano con la lingua a terra, non abituati a simili altitudini. Arrivati al ghiacciaio, però, quasi me ne dimenticai di fronte all’incredibile spettacolo naturale.

Purtroppo, sempre per via del riscaldamento globale, il ghiacciaio è arretrato di 400 m in quattro anni (uno degli arretramenti più veloci del mondo), anche se resta ancora impressionante.

Tornando in città il bus si è rotto, solo qualche ora dopo che G. si era chiesto come facessero a resistere su quelle strade dissestate. L’autista ci ha scaricati a bordo strada e, mentre aspettava un meccanico, siamo balzati su un furgone di passaggio che ci ha riportati a Huaraz sani e salvi.

Il giorno seguente, con un altro tour (ma con lo stesso bus e lo stesso autista, che ha rassicurato me e il milanese, unici presenti anche il giorno precedente, che il bus era meglio che nuovo), percorsi il trekking fino alla famosa Laguna 69. Questo è considerato da molti il trekking più bello del Perù, insieme a quelli di più giorni vicini a Machu Picchu.

La salita alla Laguna 69 è durata circa tre ore, della quale l’ultima mezzora percorsa (dai meno abituati all’altitudine come me) con brevi e lenti passi da anziano. Per combattere il “mal de altura”, è diffusissimo sulle Ande l’utilizzo della coca. Le foglie di coca possono essere masticate e tenute in bocca, oppure immerse in acqua bollente creando un infuso detto “mate de coca”, o ancora acquistate in farmacia sotto forma di pastiglie. Impensabile affrontare quelle altitudini senza acqua e senza l’aiuto della coca.

La scalata di 9 km porta ad un’altezza finale di circa 4.550 m. Anche in questo caso l’arrivo fa quasi dimenticare la fatica fatta, facendoti ritrovare di fronte ad una piccola laguna azzurrissima, sul cui sfondo svettano pareti rocciose che superano i 6.000 m! I paesaggi di contorno a tutto il trekking sono semplicemente sublimi.

Entrambi i tour costarono 30 sol ciascuno (8 € – 13 NZ$), più altri 30 sol giornalieri per l’entrata al Parco Nazionale Huascaràn.

Salutato G. il giorno seguente rientrai a Lima, che lasciai immediatamente per raggiungere Arequipa, 1.000 km più a sud.

Durante i viaggi sulle lunghe statali peruviane di quei primi giorni, notai una cosa, che al momento pensavo fosse un caso, ma dopo una decina di volte che si ripeteva capii che non lo era. Gli unici edifici puliti, moderni e ben tenuti sono le Chiese e le stazioni di rifornimento. In ogni cittadina si possono vedere belle chiese di fronte a piazze pulite e ordinate, subito affiancate da case decrepite, non finite, senza finestre e intonaco e strade sporchissime, con mucchi di immondizia sparsa per terra. Tutto ciò fino alla prossima stazione Repsol o di qualche altra marca di benzina, che magicamente appare illuminatissima e moderna come in qualunque paese occidentale. Chiesa e petrolio la vinceranno sempre.

Non conoscendo ancora bene le compagnie di trasporto peruviane, mi affidai ad una certa EconoCiva. Una volta arrivato alla stazione dei bus, mi ritrovai circondato da peruviani che imbarcavano scatole di cartone come bagaglio, e non vidi alcun backpacker salire sul mio stesso bus. Poi capii il perché.

Il nome della compagnia è Civa, la quale ha tre tipi di bus: EconoCiva, SuperCiva ed ExcluCiva. Quello economico – il mio – era un bus normale, di quelli delle gite scolastiche, e ci dovetti stare per un viaggio notturno di 18 ore. Beh, cazzo. Mai più.

Per fortuna Arequipa è oggettivamente bella, e presto mi dimenticai del disagiante viaggio. La “città bianca”, con uno stile molto spagnoleggiante, è considerata la città più bella del Perù, e non posso far altro che confermare. Il traffico in centro è lieve, nessuno suona il clacson senza motivo, la gente si ferma addirittura agli stop o alle strisce pedonali per farti passare, e in poco tempo mi sentii rispedito nel mondo a cui ero abituato. Le vie e la bellissima Plaza de Armas sono ordinate e pulite, e bisogna recarsi in periferia per trovare più caos o degrado.

Il pezzo forte della zona è il Canyon de Colca, il secondo canyon più profondo del mondo (due volte più profondo del Grand Canyon), che è possibile visitare con tour giornalieri (molto turistici), o tour di due o tre giorni in cui si fa trekking e si campeggia qua e là (più avventurosi). Per questione di budget e programmi personali successivi decisi di non dedicarmi al trekking del canyon.

Dopo due giorni nella bellissima città di Arequipa presi quindi un bus notturno (ExcluCiva, eh), fino a Cuzco, l’ex capitale dell’impero Inca, e punto di partenza per visitare il sito storico più importante di tutto il continente americano: Machu Picchu.

Cuzco (Cusco per i peruviani) è una città che supera largamente i 400.000 abitanti, disposta per metà in una vallata e per metà sulle colline circostanti. L’altitudine della città è comunque di 3.500 m, e si sente tutta durante le vasche in centro. Centro storico che è molto bello e ben tenuto, con un’enorme Plaza de Armas circondata da antichi palazzi e le solite chiese spagnole a due torri. I prezzi intorno a tutto il centro storico sono praticamente europei, e bisogna davvero lottare per trovare cibo a “prezzi peruviani”, soprattutto se si cercano pasti vegetariani, come nel mio caso.

Vinicunca, o Rainbow Mountain

Il terzo giorno mi sono recato alla colorata Montagna Vinicunca – o Rainbow Mountain – con un tour che partiva alle 3 di mattina, per concludersi con il ritorno in ostello dopo dodici ore. Il trekking è di solo un’ora e mezza, ma essendo anch’esso a più di 5.000 m, fa sì che l’ultima mezzora diventi una fatica da mani sulle ginocchia. Ancora più bella la vicina Red Valley, raggiungibile da Vinicunca con una camminata di venti minuti. Poche altre volte nella vita avevo visto panorami talmente incredibili da emozionarmi come in quell’occasione. Vale certamente i 10 soles spesi (da aggiungere ai 100 spesi per la Rainbow Mountain).

Il giorno seguente mi sono recato ad Aguas Calientes, porta d’accesso per Machu Picchu.

Dunque, per raggiungere Mapi (nomignolo locale per Machu Picchu), ci sono tre alternative:

  • Quella poco costosa, che consiste nel prendere due minibus che da Cuzco portano prima ad Ollantaytambo, e da lì alla centrale idroelettrica, dalla quale poi si deve continuare a piedi fino ad Aguas, per 12 km. Circa 10 soles per ogni minibus.
  • Quella mediamente costosa, che consiste nel prendere un bus fino ad Ollantaytambo (10 soles) e da lì prendere un treno fino ad Aguas (le uniche compagnie sono Inca Rail e Peru Rail). Qui il prezzo varia a seconda degli orari, ma comunque dai è dai 50 ai 90 USD (sì, sì) per ogni viaggio (150 minuti), sempre restando fuori dall’assurda prima classe.
  • Quella più costosa – ma più bella a detta di chi l’ha fatta – che consiste nel percorrere dei trekking di 3-5 giorni che partono dalle parti di Cuzco, con delle guide e addirittura dei cuochi e gente che ti porta la tenda, ecc. In questo caso i prezzi partono dai 400 USD fino a raggiungere tranquillamente i 1.000, a seconda dei servizi incorporati.

Ovviamente è anche possibile percorrere questi tre diversi trekking (i nomi sono: Salkantay trek, Inca trail e Jungle trail) autonomamente, ma in questo caso bisogna possedere tutta l’attrezzatura da campeggio, e portarsela per quattro o cinque giorni sulle Ande, insieme a tutto il resto.

Da aggiungere a questo c’è il biglietto per Machu Picchu (di solito i trekking tour lo comprendono), che costa 152 soles (40 € – 67 NZ$), se non possiedi un passaporto peruviano.

Sono salito a Machu Picchu da Aguas Calientes alle 4:30 di mattino, percorrendo la scalinata che porta alla città Inca, evitando il minibus da 24 USD che percorre la strada a tornanti vicina.

Sapevo sarebbe stata dura – e lo è stata – ma ci ho messo circa 50 minuti, contro l’ora e mezza che mi avevano detto tutti, quindi probabilmente se non ci si ferma a bere ad ogni rampa di scale, la si può fare tranquillamente in meno di un’ora.

La giornata a Mapi è iniziata con una bella pioggia di due ore, e delle bianchissime nuvole che coprivano completamente la città. Dopo qualche serie di imprecazioni (da parte di tutti i presenti), la pioggia si è fermata e le nuvole hanno iniziato a dissolversi e spostarsi velocemente intorno a tutte le alte cime circostanti.

È possibile seguire le numerosissime guide multilingua per pochi soles, o girare il sito autonomamente per tutto il tempo che si vuole, fino al tramonto. Comunque sia per girare la città e spingersi anche fino al lontano Sun Gate, non ci si impiegano più di due ore e mezza.

È anche possibile salire sulle due montagne che delimitano la città, Huayna Picchu e Montaña Machu Picchu, ma gli accessi sono limitati a 400 persone al giorno ciascuna, con due turni da 200 persone. Il biglietto per la scalata scelta (non si riesce a farle entrambe) costa qualche dollaro in più.

Dopo aver chiesto a tre diverse guardie, in tre diversi momenti, se era possibile risalire in cima alla città alla fine del giro (bisogna seguire un percorso a senso unico nelle rovine), tutte e tre mi risposero di “Sì sì, puoi”. Mentre aspettavo che le nuvole si diradassero decisi, quindi, di finire di perlustrare la città, per poi tornare in cima per scattare qualche bella foto senza nuvole.

Machu Picchu dopo che le nuvole si furono alzate

Uscito dal sito archeologico mi recai quindi all’entrata, di nuovo, e lì fui respinto. Il tizio al tornello mi disse che con un biglietto si poteva entrare solo una volta e che, quindi, non avrei potuto rientrare. Mi recai quindi di nuovo dalla terza e ultima guardia a cui avevo parlato, pochi metri prima di uscire dal sito, e lui mi ribadì che all’ingresso mi avrebbero fatto rientrare. Questo non parlava inglese, io conosco dieci parole in spagnolo, ma alla fine, dopo aver sfoderato tutte le mie abilità linguistiche il tizio si guardò intorno, aprì il cancellino di legno e a bassa voce mi disse “Pasa, pasa!”.

E fu così che potei intrufolarmi di nuovo a Machu Picchu e risalire al mirador per scattare la mia foto da cartolina (qui sopra).

Lasciata Mapi e Cuzco, mi sono recato a sud, verso l’ultima tappa peruviana: Puno. Una brutta città portuale sul Lago Titicaca, il lago navigabile più alto del mondo. I paesaggi naturali tra Cuzco e Puno sono incredibilmente sublimi. Come sempre il peccato è la presenza di esseri umani che hanno punteggiato il paesaggio con città sporche e totalmente degradate e sovrappopolate.

A parte un paio di piazze decenti – circondate da ristoranti abbastanza costosi per lo standard peruviano – il resto di Puno è parecchio terribile. L’unico motivo per il quale i viaggiatori si spingono fin lì, è proprio per visitare le isolette lacustri.

Ci sono le famose isole galleggianti artificiali degli Uros, un’antica popolazione Aymara, e le vicine isole naturali di Taquile e Amantani, che sono abitate, e sulle quali è addirittura possibile pernottare.

Le isole galleggianti degli Uros non sono altro che una grande attrattiva turistica (ormai), sulla quale gli abitanti spiegano la loro storia e alcune interessanti nozioni tecniche sulla particolare vita dell’isola, per circa venti minuti, per poi passare il resto del tempo a cercare di venderti gadget e cibo o bibite a prezzi europei. C’era inoltre un bambino che chiedeva 1 soles per lasciarti pisciare in una toilette, di quelle senza scarico, ed era chiaro che il denaro accumulato non finisse per il servizio di pulizia. Anche le feci sono business quaggiù.

I traghetti a motore che da Puno raggiungono le isole galleggianti e, in seguito, Taquile o Amantani, sono le imbarcazioni più lente che io abbia mai visto. Da Puno a Taquile (32 km), ci vogliono circa due ore e mezza.

I tour delle isole possono essere prenotati in città nelle numerose agenzie, con prezzi che variano senza motivo dai 45 ai 100 soles.

Il giorno seguente ho lasciato il Perù per recarmi con un bus a La Paz, Bolivia.

La mia prima esperienza in Perù era terminata.

Giorni totali: 20

Pernottamenti:        517 soles (134€, 223NZD)
Bus/Treni:               840,5 soles (219€, 362NZD)
Cibo:                          461 soles (120€, 199NZD)
Taxi/Uber:               64,4 soles (17€, 28NZD)
Tour:                         433 soles (112€, 187NZD)
Extra:                       451,1 soles (117€, 194NZD)
Spesa totale:      2.767 soles (719€, 1.192NZD)

Clicca qui per vedere la galleria completa del Perù!

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